La musica aiuta il cervello, e non solo perché stimola la creatività e induce il buon umore, ma perché aiuta a mantenerlo giovane. Uno studio americano è riuscito a dimostrare che studiare musica fin dall’infanzia, non solo affina l’orecchio e il senso del ritmo, ma permette al cervello di acquisire una serie diabilità che si mantengono tali fino alla terza età. Le persone che hanno avuto la possibilità di imparare a suonare uno strumento da bambini, anche se poi non hanno proseguito l’attività di musicisti, hanno avuto comunque dei benefici, in termini di stimolo delle funzioni cognitive, che sono perdurati fino all’anzianità, contrastando l’invecchiamento cerebrale.
Una notizia davvero ottima per i tanti appassionati di musica, che si tratti di dilettanti o di professionisti, soprattutto se a praticare questo meraviglioso hobby hanno cominciato in tenera età. I ricercatori dell’Università del Kansas, hanno studiato le capacità cognitive di 70 individui adulti in buona salute, tra i 60 e gli 83 anni d’età, suddividendoli in tre gruppi a seconda delle competenze musicali.
Un primo gruppo era composto da persone che non avevano mai studiato musica, il secondo da chi aveva preso lezioni per un periodo di alcuni anni (9 al massimo), infine il terzo da esperti musicisti o comunque da persone che avevano studiato costantemente musica per più di 10 anni. Sono stati proprio gli appartenenti a quest’ultima categoria, di cui diversi musicisti professionisti, a raggiungere i punteggi più alti nei test cognitivi a cui sono stati sottoposti.
Ma anche il secondo gruppo se l’è cavate bene. ” L’attività musicale serve come ottimo esercizio per il cervello – hanno spiegato gli autori dello studio – rendendolo più capace di vincere le sfide portate dall’età sulle capacità cognitive”. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivistaNeuropsicology. Una buona occasione per rispolverare quella chitarra dimenticata in qualche soffitta…
Un primo gruppo era composto da persone che non avevano mai studiato musica, il secondo da chi aveva preso lezioni per un periodo di alcuni anni (9 al massimo), infine il terzo da esperti musicisti o comunque da persone che avevano studiato costantemente musica per più di 10 anni. Sono stati proprio gli appartenenti a quest’ultima categoria, di cui diversi musicisti professionisti, a raggiungere i punteggi più alti nei test cognitivi a cui sono stati sottoposti.
Ma anche il secondo gruppo se l’è cavate bene. ” L’attività musicale serve come ottimo esercizio per il cervello – hanno spiegato gli autori dello studio – rendendolo più capace di vincere le sfide portate dall’età sulle capacità cognitive”. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivistaNeuropsicology. Una buona occasione per rispolverare quella chitarra dimenticata in qualche soffitta…
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