In tutto il mondo, o quasi, oggi si celebra la giornata della donna. E si dice che quella di quest'anno è l'edizione del centenario di questo evento, divenuto ormai un rito laico internazionale. In realtà risulta che l'8 marzo 1911 non sia successo proprio un bel nulla che fosse legato al riscatto della dignità e della libertà della donna. E allora? Siamo di fronte a un falso? Non è proprio così. O almeno non del tutto. E cerchiamo di capire perché. Intanto c'è da dire che l'8 marzo è ufficialmente Giornata mondiale della donna dal 1975, da quando l'Onu l'ha riconosciuta nel pieno delle battaglie femministe degli anni Settanta, e che quindi questa data è da allora divenuta inamovibile nel calendario, tanto che in molti Paesi dell'Europa dell'Est e dell'Africa, in Vietnam, in Cina, a Cuba e — udite, udite — in Afghanistan, dove le donne hanno pagato e continuano a pagare un prezzo molto alto per liberarsi dai vincoli del fondamentalismo talebano, è una vera e propria festività ufficiale. In secondo luogo c'è da aggiungere che comunque qualcosa in quel marzo del 1911, cento anni fa, successe davvero. Innanzitutto una festa. Ideata e proposta dalla cinquantaquattrenne militante socialista tedesca Clara Eissner Zetkin alla Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen nell'agosto precedente, in alcuni Paesi, Germania, Svizzera, Austria e Danimarca, il 19 marzo un milione di persone erano scese contemporaneamente in piazza per chiedere per le donne il diritto al voto, al lavoro, alla formazione professionale e quello di poter avere incarichi pubblici, oltre alla non discriminazione sul luogo del lavoro. In Francia una manifestazione simile si era tenuta il giorno prima, il 18, in quanto coincidente un'altra ricorrenza.Quindi, anche se non proprio l'8 marzo, un secolo fa ci fu davvero una prima manifestazione di massa di rivendicazioni femminili. In Europa. Perché negli Stati Uniti, invece, erano già tre anni che si teneva una celebrazione simile. Ma alla fine di febbraio. La data del 19 marzo era stata scelta perché ricordava la promessa (non mantenuta poi) del re di Prussia, fatta nel 1848, di concedere il voto alle donne. Accompagnata da una campagna si stampa e dall'uscita dei primi giornali femministi, la manifestazione aveva avuto un successo superiore alle previsioni. Una settimana dopo questa prima discesa in piazza delle donne in alcune capitali (ma anche in città più piccole) del Vecchio Continente, tuttavia, ancora negli Stati Uniti, si verificò un fatto tragico, che vide coinvolte oltre un centinaio di lavoratrici donne. Un episodio destinato nei decenni successivi a occupare uno spazio sempre maggiore in quella che potremmo chiamare la mitologia delle origini della Festa della donna. Il 25 marzo 1911, in una fabbrica di camicie di New York, dove lavoravano operaie immigrate, tra cui moltissime italiane, scoppiò un incendio. Era un sabato pomeriggio e il fuoco, alimentato dalle stoffe, si diffuse con impressionante rapidità negli ultimi tre piani di un grosso edificio di Washington Place, nel cuore di quella che stava diventando la Grande Mela, occupati dalla Triangle Waist Company. Dentro ci stavano lavorando, ammassate come oggi si vede solo nei laboratori clandestini cinesi, circa cinquecento ragazze tra i 15 e i 25 anni. ERA IL TURNO di fine settimana, le ultime delle sessanta ore settimanali che erano costrette a fare sotto la sorveglianza di specie di kapò che sovrintendevano ciascuna a sette di loro. Chissà se fu la stanchezza per i turni pesanti a innescare l'incidente delle 16,40, appena cinque minuti prima della fine della giornata di lavoro, fatto sta che l'edificio alto dieci piani si trasformò in una trappola mortale. Le porte erano sbarrate dall'esterno e le scale esterne rese famose da tanti film crollarono sotto il peso delle prime fuggitive che vi s'erano ammassate.Morirono in 146. Moltissime carbonizzate all'interno. Altrettante lanciandosi dalle finestre nel vuoto come successivamente si è visto solo prima del crollo delle Torri Gemelle l'11 settembre 2001, sotto gli occhi impotenti dei soccorritori. Almeno una cinquantina, più di un terzo, erano italiane. Nei decenni a seguire i fatti si sovrapposero e anche i tempi. Le date del 25 e del 19 marzo finirono con il coincidere fallacemente con l'8 marzo, in cui dal 1913 era stata spostata la giornata internazionale della donna. Nel 1917, a Pietrogrado, fame, freddo e sofferenze della guerra avevano spinto operaie e contadine in piazza contro lo zar a chiedere pace e pane: l'inizio della Rivoluzione di Febbraio: 23 febbraio secondo il calendario Giuliano usato in Russia, 8 marzo per quello riformato in vigore in Occidente. Nel 1921 a Mosca, alla seconda Conferenza delle donne comuniste, partecipano 82 delegate da 20 Paesi: le dirigenti, tra cui Clara Zetkin, adottano il 23 febbraio/8 marzo come Giornata dell'operaia, in ricordo della manifestazione delle operaie di Pietrogrado. Quando infine le donne russe riuscirono a sintonizzarsi con le americane, fu 8 marzo per tutte. La leggenda prese il sopravvento sulla realtà, ma, come ci ha insegnato John Ford al termine de L'uomo che uccise Liberty Valance, «quando la leggenda supera la storia, si stampa la leggenda». Ed è per questo che oggi si celebra il leggendario, ma vero, centenario della Festa della donna.
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